“IO STO CON LE MACCHINE...”
Cara Paola, per
controbattere le tue considerazioni mi sembra giusto
iniziare dal primo punto che tu stesso hai menzionato:
…dichiari di essere arrivata con la pittura alla linea e al
bianco e nero…, che consideri posizione non definitiva ma
sottoposta a oscillazioni, prerogativa importante per
scongiurare l’immobilismo nei confronti del “punto finale”.
Penso che già considerare l’esistenza di un “punto
finale” ponga l’operatore visivo in una posizione di
“preconcetto”.
Innanzitutto i “mezzi tecnologici e di
comunicazione” non sono altro che “mezzi” con i
quali esprimere la propria creatività e “non sopravalutarli”
sarebbe come negare che dalla penna d’oca alla penna biro ci
sia stato un salto tecnologico-generazionale. Il segno che “caratterizza
l’essere umano” penso risieda unicamente nel suo
pensiero attraverso il quale si esprime per concetti,
concetti che prepotentemente premono per venire all’esterno
attraverso una rappresentazione, o se si preferisce, una
personificazione. “La perfezione, la ripetizione, la
routine”, sono qualità indispensabili di questi
“attrezzi da lavoro” che rendono possibile, quasi al cento
per cento, la rappresentazione visiva della propria idea,
fin nei più piccoli dettagli, suggerita dalle scelte effettuate e non da
soluzioni "casuali" e senza controllo; visioni "razionali" che si
possano ripetere, a piacere, ogni qual volta lo si voglia.
Guai se avessero, questi mezzi, “una loro intelligenza”
rischierebbero di sovrapporsi ad “ogni progetto umano del
pensiero”. Certo che l’abilità nell'uso del mezzo
fa la differenza nei confronti di quanti lo usano, come è
giusto che sia, ma forse
anche nel passato non c’era differenza, tra un disegnatore e un
altro, nell’usare una semplice matita? E forse il
raggiungimento del risultato tecnico ottenuto non era
considerato un plus valore? Sicuramente l’uso di questi
nuovi “mezzi” ci obbliga ad una preparazione ben più
complessa, di quella del passato, ma del resto se nel
passato il soggetto da rappresentare era quello naturalistico ed
un carboncino o un pennello bastavano a rappresentarlo, oggi
siamo chiamati a rappresentare un soggetto ben più
complesso: il nostro pensiero, la nostra intelligenza o per
meglio identificarlo, la mente umana.
Un giorno un amico,
Tonino Casula, artista multimediale di grande
intelligenza e valore, mi portò come esempio, il
simbolo della croce, oggetto di culto religioso dicendo:
<<esso è un simbolo di bontà e rappresenta quindi il bene,
ma se io prendessi fra le mie mani un crocifisso alto un
metro e lo abbattessi contro un mio simile, in un impeto di
rabbia, esso cambierebbe la propria natura diventando
portatore di male…>> ergo, non esistono oggetti
buoni e oggetti cattivi, per cui “...attribuire delle colpe ai
computer”, per le dissennatezze e imbecillità umane, mi
sembra al quanto privo di ogni fondamento…
Il periodo di
trasformazione che stiamo vivendo crea sicuramente le sue
vittime ma esso è fisiologico nel cambiamento in quanto: se nel passato
l’analfabetismo era considerato l’ignoranza nei confronti
della lettura e della scrittura, oggi l’analfabeta è colui
che non è in grado di rapportarsi con la scrittura e la
lettura dei mezzi contemporanei. Non è colpa di nessuno se i
tempi cambiano e si evolvono, siamo noi la "causa"; il nostro
intelletto che spinge l’umanità a crescere e coloro che non
corrono ai ripari, impegnandosi a attivare questa crescita, rischiano di
creare delle distanze generazionali e culturali poi
insormontabili.
Bisogna solo confidare
nell’impegno di ogni singolo individuo per attivare questa
crescita.
Nella legge del
“libero arbitrio” “nessuno è stimolato da nessuno” ameno chè
il singolo non abbia la volontà di voler raccogliere
“quello stimolo” , e poiché gli uomini posseggono medesime possibilità intellettuali non
mi preoccuperei di intravedere “limiti oggettivi” che
io considero inesistenti.
"Gli emigrati" di un tempo partivano verso l’America con
valigie di cartone e compivano quell’ultimo viaggio, senza
ritorno, separandosi dai loro cari per sempre con i quali
intrecciavano, come unico rimedio di consolazione, rapporti
epistolari affidati all'unico mezzo di comunicazione esistente: le poste tradizionali, che
non sempre però giungevano o arrivavano a destinazione.
La maggior parte di quelle persone sono ancora li, magari con una carta
verde e documenti falsi che non gli permettono neanche di avvicinarsi a
un aeroporto, hanno oggi recuperato i rapporti con i loro cari e con la loro
terra d'origine grazie anche a questi nuovi mezzi informatici tanto
“bistrattati e denigrati”.
Sono convinto che l’unico vero pericolo delle
società contemporanea non risieda nella sua tecnologia,
anzi, ma
piuttosto nel preconcetto e nell'atteggiamento bigotto di quei conservatori
che
frenano l’evoluzione dell’uomo che si esprime anche
attraverso i computer, tra l'altro macchine create dall’uomo stesso,
nascondendo, a se stessi in primis, la
loro inadeguatezza e la pigrizia ad impegnarsi seriamente
per vivere al passo di una società contemporanea.
Giosuè Marongiu Maracalagonis venerdì 17 marzo 2006
* Le frasi sottolineate, fanno riferimento a alcuni punti presenti sull'intervento di Paola Zorzi.