"UNA INSOSPETTABILE DISTESA
BIANCA"
Non avrei mai pensato che quella,
insospettabile e silenziosa distesa bianca, che si addentrava,
prepotentemente, fino ai confini dove la mia vista si perde, e che,
arginata nei lati esterni, da un abisso buio e cupo, dove non si
percepisce ne l’inizio né la fine, potesse, ad un tratto, essere
solcata da un pesante cilindro ferroso schiacciasassi, scombinando
quello spazio immacolato ed inondando quella lunga ferita, man mano
che essa si formava, di plastica liquida azzurra che è di cisterna
per acqua ma anche di barche da pesca, per finire col dividerla in
due campi, anche se, quello che io vedo alla mia sinistra è, per la
verità, assai più stretto dell’altro, sicuramente una quarta parte.
Precisa e rigorosa, con la larghezza di un quarto del
quarto, essa si presenta ai miei occhi, in tutta la sua bellezza,
intensa e rassicurante, di un azzurro luminoso e silenzioso che tutto
lava.
Percorro, con i miei occhi, quel campo che volge alla mia destra e,
soffermandomi nella sua metà centrale, mi accorgo che da un piccolo
punto inizia a sgretolarsi la superficie, assomigliando via via ad
un enorme pixel che crescendo assume le sembianze come di un rettangolo
verticale, e la dimensione, se si potesse
dividere l’intero campo in 9 parti, sarebbe una di esse; andandosi a
posizionare nella metà esatta che va dal punto del quale io inizio
a vedere a là dove più non vedo. Ma ecco che, come corrodendone la
superficie, scava, spinge e ingoia, fondendoli, gerani, cabine
telefoniche e bus Londinesi e sangue e Ferrari, riempiendo di rosso, fino
all’orlo, quell’inquietante piscina.
Ora l’atmosfera è in conflitto,
come sospesa nel tempo, scollegata dal fatto che ancora non si è
compiuto, la tensione è forte, quasi insostenibile, al punto che
quel candido spazio comincia a scivolare verso di me, prima piano,
poi di gran fretta, come se non potesse far parte più del presente,
lasciando il posto, da li dove io più non vedevo, a una grande onda
gialla, che è delle margherite di campo che crescono sulla terra,
delle mimose, o del cancello della mia casa, inondando tutto, al
fine di occupare e cancellare, per sempre, quella silenziosa e
insospettabile distesa bianca.
Giosuè Marongiu
Maracalagonis 03/01/2005