"Il Superego bugiardo... una patologia"
Il progresso della società contemporanea ha portato gli
individui a relazionarsi con l'esterno in un rapporto sempre più
intimo, demonizzando, via via, quelli che sono i normali
rapporti con l'habitat primordiale che li circondava.
Il confronto con il quotidiano viene messo continuamente in
crisi poiché, ciò che la società propone, si presenta, di gran
lunga, più eccitante e suadente rispetto a ciò che la normale
vita di tutti i giorni sembra offrire.
Il nostro
cervello, sollecitato da molteplici interessi, avvia processi di
produzione di svariate sostanze chimiche dopanti:
serotonina,
dopamina, noradrenalina ecc., destinate alla conquista di un
equilibrio psichico stabile, in grado di infonderci quello stato
di pace e di tranquillità.
La società, dal canto suo, ci propone alcuni modelli di "viaggi
stimolanti", in grado di innescare, anch’essi, meccanismi
produttivi di sostanze dopanti quali: la ricchezza, con i suoi
molteplici status-simbol, le religioni, con la promessa della
vita eterna e così via, convincendo sempre più, il Superego, che
tutti quei modelli proposti dalla società rappresentino il bene
ed il giusto atteggiamento con il quale porsi, nei confronti del
quotidiano, e che, la non praticabilità di tali comportamenti,
induca inevitabilmente alla sofferenza e al senso di privazione,
l’equivalente del senso di colpa…
Ma se da una parte queste "promesse di felicità" riempiono spazi
vuoti di frustrazione interiore, dall'altra costringono il
cervello ad una iper produzione di quelle sostanze tanto
importanti, che solo se prodotte in giusta quantità, rendono
possibile la conquista dell'equilibrio psichico.
Così, come dei tossicodipendenti, si inseguono quelle emozioni,
sempre più estreme e sempre insufficienti che soffocando la
personalità più intima (Ego) allontanandola dalla realtà
oggettiva, inducendo il cervello alla malattia, alla
depressione.
Il Superego, ormai confuso, continua a bombardare l'ego con
falsi sensi di colpa, inducendolo alla totale immobilità, e
così, come automi, gli uomini contemporanei si aggirano nel loro
spazio vitale, spaventati e smarriti, senza più la capacità di
agire e di reagire.
La depressione, induce a considerare il vivere quotidiano banale
e insoddisfacente, trascinando, sempre più, l'individuo alla
demotivazione e alla scarsa considerazione di tutto ciò che
al quotidiano è collegato.
Una via di guarigione o di fuga è però possibile, sempre che si
considerino tutte quelle "promesse allettanti" che la società
consumistica propone, come non facenti parte della realtà,
quella tangibile e oggettiva, o quanto meno percorso inefficace
per il raggiungimento dell’equilibrio psichico e della felicità…
Se non si considera la vita come unica esperienza tangibile
ed entusiasmante, ma si considera "la vita eterna", tanto
promessa dalle religioni, quale rimedio alternativo
all’esistenza terrena, si perde il senso della realtà, facendo
apparire il rapporto con il quotidiano banale e privo di ogni
interesse; se non si considera, anche quel poco che si possiede,
importante e sufficiente per il fabbisogno
personale, ma si considera la ricchezza unico mezzo attraverso
il quale poter vivere; ed ancora, se non si considera la propria
personalità sufficiente e compiuta, con la quale relazionarsi
con i propri simili, ma si considerano quegli status-simbol
indispensabili per l'estrinsecazione della propria personalità
rappresentata, con l’intento di apparire “migliori”,
agli occhi della società, si sarà sempre facile preda del nostro
"Superego", sempre vigile e pronto ad affermare le proprie
convinzioni di ciò che sia bene e di ciò che sia male.
Con questo non si vuole affermare che si debba per forza vivere
in povertà o ritornare al tempo della pietra, ma soltanto che si
debba tenere come unico punto di riferimento certo che, il fatto
di "esistere", debba considerarsi quale unico evento già di per
se straordinario, ed unica via da percorrere attraverso la quale
trovare quell'equilibrio necessario per il vivere quotidiano, e
che, tutto ciò che ci viene proposto dalla società, ognuno con
le proprie finalità e motivazioni..., possa anche
essere si consumabile e fruibile, sempre che si sia in grado di
poterlo gestire, e comunque non considerarlo mai come un plus
valore alla propria esistenza.
Sarebbe anche più giusto dire che, in una società contemporanea
come la nostra, parlare di Superego, lo si debba considerare
anche “anacronistico”, se inteso come facente parte della
personalità dell'uomo, ma che sarebbe più giusto considerarlo
“ormai” come un'entità autonoma, separata, più facente parte
della società che dell'uomo stesso, che usualmente alberga si
dentro di noi, ma come un serbatoio di divieti accumulati
nell'arco dei tempi, più o meno discutibili, ed ormai superati,
anche in senso legislativo, che comunque non possiede più quel
potere decisionale, poiché non è più in grado di discernere il
bene dal male, a fronte di un Ego moderno più forte e più
maturo, non più dissoluto, che attraverso il cammino nei secoli
dell'esperienza, come in un cerchio, sia riuscito a ritrovarsi,
o stia per farlo, ricongiungendosi, puro, al principio della sua
esistenza.