LUIGI PAOLO FINIZIO
“L’ARTE COME RICERCA DI GIOSUE’ MARONGIU”:L’arte come ricerca s’addice all’opera di Giosuè Marongiu i cui confini sono piuttosto versatili e mobili. Al centro delle sue elaborazioni espressive, tra design e poesia, tra musica e arti visive, si dispiega il pensiero dello spazio e del tempo, del loro comporsi e scomporsi. Dopo la svolta negli anni Ottanta dalle tradizionali pratiche dell’arte plastica, le scelte d’immagine si sono indirizzate e concretizzate sulle vie della stereometria e della computer art. Da allora nell’opera di Marongiu la realtà virtuale, con le sue finzioni metarazionali di spazio e tempo, sovrasta nell’astrazione più spinta la comune percezione delle cose oppure, come nei lavori più recenti, vi s’immerge per un racconto quotidiano o d’indagine sociale.
Nel suo immaginario si fondono differenze di solito inconciliabili. E tuttavia capaci di passaggi, d’interazioni spazio-temporali. Quelli delle accudite visioni quadrimensionali (con appositi occhialini) o che solo la virtualità digitale, l’interfaccia elettronica rendono transitabili in luoghi di incontri e scoperte, di arte e scienza nel tempo di ieri, di oggi e domani. Tra spazio e tempo, l’ordine e il caos sono fra loro complementari oltre che contrapposti. Certo, la visibilità stereometrica e cineplastica cui ricorre la ricerca espressiva di Marongiu non sono invenzioni di oggi, così come il suo immaginario spazio-temporale mostra attingere e rinverdire l’intrigo spazialista di luce e spazio, di suono e colore, di massa e movimento, di etereo e materiale dell’arte di Lucio Fontana. Ma sta qui il sedimento della sua arte come ricerca, lo spessore di memoria e indagine con cui conduce il proprio pensiero immaginativo. Come tiene a dire l’artista nel Manifesto della nuova realtà del 2007: L’arte è il pensiero..è teoria…all’interno della quale risiede anche il fatto.
E si sa, da sempre la capacità produttiva del pensiero si è specialmente realizzata nelle concretezze immaginative dei vari linguaggi dell’arte. Da quando però a far agire e interagire i linguaggi dell’arte è intervenuto il sistema multimediale telematico il potere produttivo del pensiero appare enormemente aumentato sia perché gli strumenti di riproduzione digitale hanno superato le tradizionali e distinte vincolazioni di linguaggio, scrittura e pensiero, sia perché ne hanno dilatato e accresciuto i poteri produttivi di illusione rappresentativa. Gran parte della storia moderna dell’arte staccandosi dalle referenze di forme oggettive e idealizzate del mondo naturale si è viepiù congiunta e immedesimata con l’astrazione delle forme autoreferenti di pensiero. Un traguardo di libertà espressive e incertezze, a dirla con un pensiero di Robert Musil in L’uomo senza qualità, dopo che l’uomo non ha cercato più la propria contemplante immagine nello specchio dei ruscelli ma nelle poliedriche sfaccettature della propria intelligenza. Ma Musil non poteva prevedere che il ruscello si sarebbe riproposto e imposto all’immagine dell’uomo nei riflessi ipnotici di un video domestico.
Non diversamente da molti artisti del nostro tempo, la ricerca di Marongiu partecipa ai travalicamenti oltre l’evidenza delle cose ma anche alle calamitazioni mediatiche su di esse. Certo, il registro e il documento per vie multimediali mirano a costituire anche nell’arte un nuovo senso di realtà, di simultanea e coinvolgente ‘multirealtà’, come è stato detto. Così con le astrazioni stereometriche di ‘universi tridimensionali’ in video, come L’ordine implicito (2010), e le concezioni in chiave di osservazione sociale e di documento narrativo, Gli uomini di vetro e Man is God, e quindi di senso simbolico, Utopia (2008), la ricerca di Marongiu mostra oscillare nei rapporti tra linguaggio e pensiero, tra immagine e vedere su due sponde, su due versanti del produrre e comunicare.
Viviamo la mutazione ambientale in senso percettivo e cognitivo in cui l’enorme produzione e riproduzione di segni visivi dell’universo digitale ha reso inservibile la vecchia distinzione tra immaginario e realtà, dove tra spazio e tempo scorre una intestina miscelatura che rende esteticamente euforico la novità come il già visto. La ricerca di Marongiu sembra dirci che è sempre possibile oggi innestare a una quantità di realtà una quantità di immaginario e che solo a torto, specialmente in arte, si possa giungere a negare l’una con l’altra. Purché non si riduca la ricerca a un semplice trovare, a un ready-made da raccontare. E in effetti, a fronte di tanta estemporanea pratica dell’arte nei nostri tempi viene a riscuotere un suo attuale mordente l’osservazione di G.C.Argan che nel detto di Picasso ‘io non cerco, io trovo’ vi è un che di immorale.Luigi Paolo Finizio
Sorrento 2011
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