Considerazioni sull’amicizia
“L’amicizia come patologia”

 

Si è stati sempre portati a tenere in grande considerazione il sentimento chiamato amicizia, che Socrate per primo ad Atene, incominciò ad analizzare e a studiare considerandolo un sentimento autonomo vero e proprio, con il quale gli uomini, si relazionavano fra di loro, ognuno attratto dalle altrui diversità. Questo concetto si è tramandato nel tempo e a distanza di 2.500 anni è arrivando ai nostri giorni, continuando a trasportare “l’equivoco e l’ambiguità”. L’equivoco e l’ambiguità stanno nel fatto che se l’etimologia della parola greca “philia”, conserva nel suo significato, sia amicizia che amore. L’amicizia non può essere considerato un sentimento, ma una fase intermedia, un esercizio propedeutico attraverso il quale si possa raggiungere il sentimento vero e proprio, cioè “L’amore”. Quindi quando si considera l’amicizia, erroneamente, un sentimento di crescita, sinonimo di maturità o ancora meglio, un atteggiamento adulto; la prova che non lo sia consiste proprio nel fatto che da bambini si sia portati proprio a coltivare questo embrione di sentimento, in maniera anche spasmodica, facendolo degenerare fino a:<<l’amico del cuore>>, ponendo anche a rischio, o agevolandoli, gli orientamenti anche di tipo sessuale. Tale atteggiamento però, normale nella fase adolescenziale, in età adulta dovrebbe mutare la propria natura e, modificatosi, diventare Amore. Infatti, se nell’età adolescenziale, si tende a ricercare nell’amico ciò che non si è, o ciò che si vorrebbe essere facendolo diventare, fino alla sua estremizzazione, il proprio “alter ego”; da adulti si indirizzano queste ricerche nei confronti di un proprio simile, normalmente di sesso opposto, che abbia per l’appunto, proprio quelle affascinanti diversità importanti, in quanto danno origine il più delle volte, al formarsi di una nuova coppia; contribuendo anche a consolidarla nel tempo. Detto ciò se ne può dedurre che “l’Amore” sia l’unico atteggiamento, di senso compiuto, tale da considerarsi un sentimento, e l’amicizia, solo un umore. Proprio nel caso dell’amore, infatti, il pensiero iniziale di Socrate che considerava la diversità e gli opposti, i principi fondamentali dell’attrazione, sono validi a tutti gli effetti.  Socrate considera  il “sentimento” dell’amicizia estendibile a tutti. Ma considera anche il fatto che se esso è  estendibile a tutti, e se le diversità si attraggono, cosa avrebbe vietato il nascere di un’amicizia, fra il ladro e il suo carceriere, o fra colui che crede nel bene e colui che crede nel male? Davanti a questo quesito lui pone il suo dubbio. Dubbio giustificato in quanto si aveva considerato l’amicizia come un sentimento. Se si va a fondo del significato di sentimento ci accorgiamo che per essere considerato tale, il sentimento debba essere  indirizzato da un soggetto nei confronti di un altro soggetto, opportunamente scelto, come ad esempio, l’amore dove il beneficiario è la persona amata o l’odio dove il beneficiario è la persona odiata, il disprezzo dove il beneficiario è colui che si disprezza oppure il coraggio, unico tra i sentimenti dove il beneficiario risieda unicamente nei confronti di se stesso; essendo disposti, nella sua estremizzazione, anche all’estremo gesto. Solo con questa chiarezza si avrà allora la possibilità di discernere i “buoni” dai “malvagi”, i “giusti” dagli “ingiusti” e così via…; ognuno secondo i propri parametri comportamentali ed etici o secondo la propria coscienza, con la quale si operano determinate scelte, sentimenti elargiti con oculatezza e parsimonia, e non dispensati a piene mani e a chicchessia, atteggiamento ricorrente nei rapporti di amicizia o presunta tale.

Quindi, si può  concludere che, il prolungamento in fase adulta della pratica dell’amicizia, esasperata nella sua manifestazione, si può considerare un atteggiamento patologico legato alla difficoltà di crescita di un individuo, che non è stato in grado attraverso varie cause, individuabili, di superare quelle barriere generazionali che si sono presentate durante la propria formazione, dall’età adolescenziale all’età adulta. Ci accorgiamo inoltre che partendo da tali principi, inequivocabili, i rapporti ormai confusi, tra gli adolescenti, possano migliorare; poiché essi non chiedono altro che risposte chiare ad interrogativi, irrisolti, in merito ad amore e ad amicizia. Consentendogli, se non altro in merito a questo problema, di crescere  con la chiarezza di ciò che sono i ruoli, di amante o di amico, e migliorare quelli che saranno i rapporti futuri con i propri simili.

 

Giosuè Marongiu

Maracalagonis 21 settembre 2005

In base a delle eccezioni sollevatemi, mi sembra doveroso sottolineare che: con ciò io non intendo negare l'esistenza dell'amicizia, ma solamente ridimensionarla a un rapporto che nasce fra gli individui, fondato sulla simpatia, o nella sua massima manifestazione, nella empatia. Quindi non in un sentimento, come ho già detto in precedenza, vero e proprio, ma in un esercizio propedeutico nel raggiungimento dell'amore, in fase adolescenziale, e nell'età adulta, come completamento delle relazioni, che unito all'amore, in tutte le sue manifestazioni, concorre al raggiungimento della felicità.

Giosuè Marongiu

Maracalagonis 11 gennaio 2005

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